Chiusura delle frontiere: quando sono tornati i giocatori stranieri in Italia

Parlare oggi di chiusura delle frontiere è una follia pura, sia nel calcio che nella società civile, ma una volta non era così.

Uno dei discorsi più assurdi che si possa fare è pensare che bloccando le frontiere automaticamente la Nazionale diventi fortissima e vincente. Si tratta probabilmente del miglior processo di autodistruzione possibile e immaginabile e una volta la Federazione riuscì nell’impresa.

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Pensate che nemmeno durante il fascismo si pensò all’idea della chiusura delle frontiere, anzi si ebbe modo di richiamare in Italia tanti talenti dall’Argentina e dal Sudamerica. Il tracollo emotivo e populista lo si ebbe nel 1966, quando gli Azzurri vennero eliminati dalla Corea del Nord nel Mondiale.

In realtà era un discorso che si stava portando avanti da tempo, infatti la non qualificazione in Svezia nel 1958 e il pessimo Mondiale in Cile nel 1962 avevano messo sotto accusa il grosso numero di oriundi.

Il problema è che in Inghilterra di oriundi non ce n’erano e grandi campioni stranieri erano stati l’arma in più per le vittorie internazionali di Milan e Inter. A quel punto non si poteva mandare fuori i campioni stranieri del nostro calcio, ma da quell’anno chi era dentro era dentro e chi era fuori sarebbe rimasto fuori.

Solamente nel 1980 si capì che questa era una manovra suicida che stava solamente facendo in modo che tanti ragazzi di scarso talento giocassero in grandi squadre e stavano impoverendo il calcio italiano.

Si iniziò con uno straniero e già dal 1981 si passò a due fino a tre che fu il limite consentito, per giocatori da schierare in campo, fino all’introduzione del 1995 della Legge Bosman.

Italia con la chiusura delle frontiere: un disastro continuo

Certo, nel 1968 l’Italia vinse l’Europeo e nel 1970 fu vicecampione del mondo, ma le squadre si tenevano ancora ben stretti i loro stranieri. Da quando iniziarono realmente a mancare i giocatori non italiani nel nostro campionato la situazione fu tragica.

Prima di tutto i risultati internazionali furono fallimentari. Negli anni ’70 infatti non si arrivò mai alla vittoria della Coppa dei Campioni. Le uniche a ottenere buoni risultati furono Inter e Juve, finaliste nel ’72 e nel ’73, ma alla Nazionale andò ancora peggio.

Non qualificata all’Europeo del 1972, eliminata ai gironi nel Mondiale del 1974, non qualificata all’Europeo del 1976, un ottimo quarto posto in Argentina nel 1978 ed eliminazione ai gironi nell’Europeo casalingo del 1980. Una serie di continui fallimenti che dimostrarono come far giocare solo italiani non aiutasse gli Azzurri.

La situazione invece è decisamente cambiata negli anni ’80. Prima di tutto il livello della Serie A si era nettamente alzato, grazie a gente del calibro di Zico, Platini o Falcao e anche la Nazionale ne aveva beneficiato.

I giocatori italiani sapevano infatti di non avere il posto assicurato e a quel punto solo i migliori potevano ambire alle grandi squadre. La competizione crea grandi campioni e grandi uomini, per questo motivo la chiusura delle frontiere fu un’assurdità non soltanto civile, ma anche da un punto di vista sportivo.